«Dalla condizione erronea dell’ittihād non sfugge nessuno, neppure i veri Sapienti di Dio che, pur sapendo quale sia la situazione reale, hanno parlato di “unione”: uno l’ha proclamata per [un asserito] comandamento divino, un altro in ragione di ciò che gli hanno conferito il “grado spirituale” e lo stato iniziatico, un altro ancora lo ha fatto senza rendersene ben conto. D'altra parte i razionalisti hanno affermato che l’ittihād è impossibile, avendo per loro il significato di due essenze che diventano una, la qual cosa è evidentemente impossibile. Ma quanto a noi e ai nostri pari, non riconosciamo che un'unica essenza; la divergenza procede dai “rapporti concettuali” e dagli “aspetti speculativi”, laddove l'Entità essenziale è unica nell’intero dominio dell'Essere. I “rapporti concettuali” sono sprovvisti di realtà sostanziale, ed è a proposito di tali strutture concettuali che nascono le divergenze di opinioni». Futûhât(cap. 399)
Ibn Arabî: Il libro dell'estinzione nella contemplazione SE Editore 1996, 71 pagg., in ditribuzione - € 11,40 - ISBN 8877103329
"Il Libro dell’Estinzione nella Contemplazione (Kitābu-l-Fanā'i fī-l-Mušāhada) è uno dei numerosi trattati brevi di Ibn ‘Arabi, lo «Shaīkh al-Akbar» (nato nel 1165 a Murcia, in Spagna, e morto nel 1240 a Damasco), che si situano spesso ai margini delle sue opere maggiori. Tale è appunto il caso di questo scritto, che si richiama esplicitamente alle Futūhāt (Le Rivelazioni Meccane), il capolavoro di Ibn ‘Arabī, la cui composizione durò per quasi tutto il tempo che egli visse in Medio Oriente, e precisamente dal 1201 fino alla morte. Nelle ultime righe del Libro dell'Estinzione, ad esempio, l'autore rinvia alla parte delle Futūhāt che tratterà delle Manāzil, le Dimore Iniziatiche, e questo in effetti accade nel capitolo 286 dell'opera (che ne contiene complessivamente 560), dove del resto, il Libro dell'Estinzione è menzionato come già scritto (…).
In generale, e nonostante il suo titolo, questo trattato potrebbe essere considerato come un'introduzione allo studio della via esoterica e della conoscenza metafisica nell'Islam; ma è soprattutto una difesa di tale via e dei mezzi ad essa propri, come lo «svelamento» o illuminazione intuitiva (kashf), contro gli attacchi ad opera dell'essoterismo e del razionalismo filosofico (…). La via di questa conoscenza suprema è esoterica, riservata a coloro che hanno attitudini adeguate, e vietata ai profani, soprattutto ai letteralisti, ai giuristi, agli speculatori razionali e ai filosofi, le cui mentalità specialistiche sono comunque dei tramiti di squalificazione spirituale. Si tratta dunque non di semplici essoteristi e d’ignoranti, ma di dotti che aspirano alla saggezza, nei quali la naturale incomprensione dei profani si somma allo spirito di sistema e si ammanta d'intolleranza nei confronti di tutto ciò che esula dalla loro capacità d’intendere, e che contrasta i loro metodi di indagine. Pertanto, questa via di conoscenza, insieme ai mezzi che le sono connaturali, è autenticamente muhammadiana, ed è compresa sin dall’origine nella definizione e nella realtà del Dīn (scienza religiosa) islamico nel suo complesso (…). Ibn ‘Arabi termina così il trattato dimostrando che le verità più alte della Via iniziatica sono contenute nelle formule stesse dell'insegnamento rivolto a tutti, poiché la meta dell'estremo Ihsān legale è la Visione Suprema: visione che è conseguente all'Estinzione metafisica e coincidente con il Levarsi del Sole Essenziale."
(tratto dalla postfazione di Michel Vâlsan)
INDICE GENERALE: Il libro dell'estinzione nella contemplazione. Note al testo. Postfazione di Michel Vâlsan.