Al-Giazûlî, Muhammad ben Sulaymân: Dalâ’ilu l-Khayrât, ovvero le indicazioni dei Benefici e gli irraggiamenti delle Luci (nella menzione rituale della Preghiera sul Profeta Prescelto) Campegine (RE) gennaio 2012, Edizioni ‘Orientamento/Al-Qibla’, ▪ edizione con testo arabo, traduzione e commento pagg. XVIII + 360, - € 21,70 - ISBN 9788889795101 ▪ edizione con testo arabo e traduzione pagg. IV + 214, - € 14,90 - ISBN 9788889795125 Presentiamo in due distinte edizioni (una contenente solo il testo e la traduzione, e pensata soprattutto per la lettura ‘rituale’, e l’altra compiutamente commentata, per una comprensione più approfondita) quella che può essere considerata la principale raccolta tradizionale di ‘Preghiere sul Profeta’, e cioè i Dalâ’ilu l-khayrât di Muhammad Al-Giazûlî, composti nel IX secolo dall’Egira (o diciamo nella prima parte del XV secolo dell’era cristiana). Scritti secondo la tradizione per ispirazione di una fanciulla (come viene spiegato nella nostra Prefazione), i Dalâ’il ebbero (e tuttora hanno) una diffusione notevole in tutto il mondo islamico, e vengono considerati un veicolo della baraka (la ‘benedizione’, o più precisamente l’‘influenza spirituale’). Il testo è suddiviso in ‘litanie’ (ahzâb) da recitare una per ogni giorno della settimana (due per il Lunedì), e accompagna il lettore ad intendere il senso della ‘Preghiera sul Profeta’ (in arabo as-salât ‘alâ n-nabî) e a trarne vantaggio spirituale, ciò che è vero specialmente se si mette in atto la ‘recitazione rituale’ dei Dalâ’il. Si consideri che la salât ‘alâ n-nabî è per il musulmano un obbligo di istituzione divina, in ragione del versetto coranico in cui è detto «Invero Allah e i Suoi Angeli pregano sul Profeta: oh voi che avete fede, pregate su di lui, e rivolgetegli il saluto di Pace» (XXXIII, 56): il valore di questa prima traduzione italiana dell’opera di Al-Giazûlî è dunque legato non solo all’intrinseca importanza dei Dalâ’il, ma anche al fatto che per la prima volta viene considerato con attenzione (anche a livello teorico, nell’‘edizione commentata’) il rito della ‘Preghiera sul Profeta’, rito mai studiato dagli orientalisti e a volte obliato dai Musulmani stessi, specialmente da quelli maggiormente condizionati dal ‘modernismo’.
INDICE GENERALE - Avvertenza dell’editore. Introduzione tradizionale ai Dalâ’ilu l-khayrât. I ‘Nomi più belli’ di Allah. Introduzione dell’autore. Sezione prima, sull’eccellenza della Preghiera sul Profeta. I nomi del nostro sayyid Muhammad. Descrizione della Rawda. Invocazione in cui si esprime l’intenzione. Sezione seconda, sul modo in cui effettuare la Preghiera sul Profeta. Litania prima, per il Lunedì. Litania seconda, per il Martedì. Litania terza, per il Mercoledì. Litania quarta, per il Giovedì. Litania quinta, per il Venerdì. Litania sesta, per il Sabato. Litania settima, per la Domenica. Litania ottava, ancora per il Lunedì. Sigillo dei Dalâ’ilu l-khayrât. La Preghiera detta Mashîshiyya. Invocazione seguente la lettura dei Dalâ’ilu l-khayrât. La Sura della Stella Prefazione dell’editore Vita di Al-Giazûlî. Dal nome completo dell’autore dei Dalâ’ilu l-khayrât, Abû ‘Abd Allah Muhammad ben Sulaymân Al-Giazûlî As-Simlâlî, apprendiamo che egli si chiamava Muhammad di nome proprio, che era padre di ‘Abd Allah e ‘figlio’ (in realtà bis-nipote) di Sulaymân, e che proveniva dalla tribù berbera dei Giazûla, abitanti la regione del Sus (nel Sud dell’attuale Marocco), e, tra questi, dalla sottotribù dei Simlâla. È risaputo che era discendente del Profeta (su di lui la Preghiera e la Pace divine), risalendo la sua genealogia ad Al-Hasan figlio di ‘Alî ben Abî Tâlib (genero dell’Inviato di Dio e quarto Califfo ‘ben guidato’) e di Fâtima (figlia del Profeta). Della sua nascita si conosce il luogo (il villaggio di Tânkirt, nel Sus) ma non la data, benché essa sia presumibilmente da situare attorno all’inizio del nono secolo dall’Egira (e dunque a cavallo tra la fine del quattordicesimo secolo e l’inizio del quindicesimo secolo dell’era cristiana). Della sua giovinezza, quello che si conosce dalle biografie tradizionali (che tendono a sottolineare il percorso dell’educazione tradizionale di un Maestro più che a fornire notizie riguardanti la sua vita privata) è che presto si trasferì a Fes, dove studiò il Corano e le scienze religiose, e dove secondo alcune fonti imparò a memoria la Mudawwana di Sahnûn, testo base della scuola giuridica Malikita. A Fes fu ospite dell’antica scuola-convitto detta Madrasatu s-saffârin (‘Scuola dei ramai’, fondata dai Merinidi). Si racconta che in questa Madrasa egli avesse una stanza in cui si ritirava, e in cui solo lui poteva entrare. Ne ebbe notizia suo padre, nel Sus, e pensò (o forse gli fu detto) che egli aveva questo uso perché in tale stanza conservava delle ricchezze. Allora il padre si mise in viaggio per andarlo a trovare; giunto dal figlio, gli chiese di potervi entrare. Lui allora lo fece entrare, e il padre trovò che su tutti i muri della stanza era scritto ‘La morte (الموت al-mawt)! La morte! La morte!’ Egli allora capì lo stato spirituale del figlio, che intendeva con ciò conformarsi alle indicazioni del Profeta (su di lui la Preghiera e la Pace divine), a proposito del quale At-Tirmidhî riporta da Abû Hurayra che avendo trovato alcuni Ausiliari medinesi (انصار ansâr) che ridevano, si rivolse loro dicendo: “Ricordate molto colei che distrugge i piaceri”, la morte cioè. Ad un certo punto Al-Giazûlî si mise alla ricerca di un Maestro che lo guidasse sulla Via iniziatica, e partì verso l’Oriente islamico. Per sette anni peregrinò tra il Higiâz, l’Egitto e i paesi di Siria, visitando Gerusalemme, compiendo il Pellegrinaggio e permanendo tre o quattro anni a Medina. Dopo di che, tornato nel suo paese d’origine, il Sus magrebino, ed ivi stabilitosi, a causa di certi disordini se ne andò in direzione di Tangeri, pensando in cuor suo di mettersi in viaggio una seconda volta verso Oriente sempre alla ricerca di un Maestro, ricerca che non aveva portato a compimento nel primo viaggio. Incontrò però per via una donna veridica e spiritualmente qualificata che gli disse: ‘Muhammad, dove vuoi andare? Il Magrib ha bisogno di te!’ Rinunciò così ai suoi propositi e andò a Fes, dove rimase per un periodo. In questi anni incontrò Ahmad Zarrûq, che sarebbe diventato un altro grande Maestro (شيخ shaykh) del Tasawwuf, l’‘esoterismo’ islamico. Pur essendo più giovane, Az-Zarrûq, forse discepolo di Al-Giazûlî nelle scienze religiose esteriori, diede a quest’ultimo indicazione di prendere il Patto con lo Shaykh Muhammad ben ‘Abd Allah Amgâr, della طريقة tarîqa (Via iniziatica) Shâdhiliyya. Al-Giazûlî allora si mise in viaggio, incontrò il proprio Maestro nella regione di Dukkâla, presso Safi, e prese da lui il ورد wird della Tarîqa, e cioè il Patto con l’autorizzazione a praticare le particolari formule di incantazione (o Ricordo di Allah, ذكر dhikr) proprie della Via. Con l’autorizzazione del suo Maestro, Al-Giazûlî entrò nel ritiro solitario (خلوة khalwa) dedicandosi esclusivamente all’adorazione e al Ricordo di Allah. Come dicono i biografi, “rimase nella khalwa quattordici anni, quindi ne uscì, affinché gli uomini traessero vantaggio da lui.” A questo punto, sempre con l’autorizzazione del suo Maestro assunse a sua volta la funzione di Shaykh; così iniziò ad occuparsi dell’educazione spirituale di quanti volevano entrare nella Via iniziatica e percorrerne il Cammino, e in breve cominciò a radunarsi attorno a lui un gran numero di adepti (مريدون murîdûn). Al-Giazûlî era in quei giorni nella città portuale di Safi: il principe di quella città prese ad avere invidia di lui e a temerlo, proprio in ragione del gran numero di persone che lo frequentavano, ed un certo punto lo esiliò dalla città. Al-Giazûlî si trasferì allora nel villaggio di Afûgâl, dove fissò la sede della sua Tarîqa, per poi fondare un’altra sede a Tâzrût; per sette anni si spostò tra Afûgâl e Tâzrût. Il numero dei suoi discepoli crebbe ancora, sino a raggiungere 12965. Da rilevare che lo Shaykh Al-Giazûlî partecipò alla difesa del Magrib dall’invasione portoghese, e incitò al santo Combattimento tanto i suoi adepti quanto i Musulmani in generale e i sovrani marocchini in particolare (spesso inclini a trarre vantaggio dai Portoghesi più che a combatterli). Questo pare essere stato uno dei motivi principali che spinsero qualcuno di costoro ad eliminare lo Shaykh: Al-Giazûlî infatti muore avvelenato ad Afûgâl mentre sta compiendo la prima prosternazione della seconda rak‘a della preghiera dell’alba, Mercoledì 16 del mese lunare di Rabî‘u l-Awwal dell’anno 870 dall’Egira (6 Novembre 1465), e viene seppellito al tempo della preghiera del primo pomeriggio di quello stesso giorno, al centro della moschea che aveva quivi fondato. In un certo senso la vicenda terrena di Al-Giazûlî non termina qui, dato che dopo la sua morte un suo discepolo, ‘Amr ben Sulaymân As-Sayyâf (del quale viene segnalato il non perfetto ottenimento dei fini della Tariqa), radunato un esercito dissotterra la salma del Maestro e la pone in un’arca o cofano in legno (تابوت tâbût); quindi inizia a guerreggiare, uccidendo tra l’altro i mandanti dell’avvelenamento di Al-Giazûlî, e questo sempre portando in battaglia il tâbût con il corpo dello Shaykh. La rivolta di As-Sayyâf dura vent’anni, nei quali egli non venne mai sconfitto . Alla morte di As-Sayyâf, Al-Giazûlî viene finalmente sepolto ad Afûgâl, località dalla quale le sue spoglie saranno poi traslate a Marrakesh, ed ivi definitivamente seppellite (62 anni dopo il trapasso) nella moschea dove ancor’oggi si trovano; al momento della traslazione il suo corpo sarà trovato intatto, privo di segni di decomposizione. Al-Giazûlî è considerato uno dei sette santi di Marrakesh, e la sua tomba è continuo oggetto di sante visite. Al-Giazûlî Maestro del Tasawwuf. Quanto alla sua Tarîqa e alla sua attività di insegnamento tradizionale e di guida iniziatica, se si prescinde dall’orientamento più rigoroso ai doveri fondamentali dell’Islam e ad ogni aspetto dell’esempio del Profeta Muhammad (su di lui la Preghiera e la Pace divine), ciò su cui non ci soffermiamo dandolo come acquisito, c’è da rilevare prima di tutto quanto si riporta della particolare baraka (influenza spirituale) che caratterizzava Al-Giazûlî. Come ricorda Basîr, egli era un vero ‘alchimista’, nel senso che “possedeva la scienza della ‘chimica’ spirituale (الكيمياء al-kîmiyâ’), così che nel più breve tempo possibile poteva trasformare il rame dell’anima in oro purissimo, facendo sì che la sua oscurità diventasse luce, e la sua tristezza felicità.” Nel rapporto con i suoi discepoli, si tramanda questo insegnamento, che egli rivolgeva loro: “Il cane possiede dieci virtù lodevoli che devono essere proprie anche dell’iniziato (مريد murîd). Primo: non dorme la notte se non poco, ciò che è un segno degli amanti. Secondo: non si lamenta né del caldo né del freddo, e si tratta di un segno di quanti hanno pazienza. Terzo: quando muore non lascia nulla che possa essere ereditato, ed è un segno degli asceti. Quarto: non prova né ira né astio [permanenti], e questo è un segno dei credenti. Quinto: non porta con sé nulla, né ha una tana, ciò che è un segno di quanti hanno certezza. Sesto: quando gli si dà qualcosa la mangia e ne è pago, ed è un segno di coloro che si contentano. Settimo: non ha un luogo conosciuto in cui andare, il che è un segno proprio di quanti peregrinano devotamente. Ottavo: dorme in qualsiasi posto si trovi, ed è un segno di coloro che sono soddisfatti. Nono: quando conosce il suo padrone non lo rinnega, anche se lo dovesse battere e fargli patire la fame, e questo è un segno proprio di coloro che hanno Conoscenza metafisica. Decimo: è sempre affamato, e si tratta di un segno di quanti sono spiritualmente qualificati.” Si riporta anche che era solito imporre a chi prendeva la Tarîqa di rasarsi a zero i capelli, come segno di conversione dal mondo profano; non essendo attestato nulla del genere nell’esempio profetico (سنة sunna), tale indicazione fu in seguito abbandonata nella stessa Tarîqa Giazûliyya, venendo considerata come una prescrizione legata esclusivamente alla baraka personale del Maestro. Nell’insegnamento specificamente iniziatico, o diciamo nella sua dottrina, Al-Giazûlî era strettamente e profondamente fedele al Deposito che gli era stato trasmesso dai Maestri della catena iniziatica alla quale s’era ricollegato: egli così non si fermava certo agli aspetti formali dell’Islam o dello stesso Tasawwuf, e mirava all’ottenimento dello Scopo supremo. Era solito affermare: “Non dite che io prendo la Conoscenza dalla terra, e non dite che la prendo dal cielo; dite piuttosto che non la prendo né dalla terra né dal cielo.” Il senso è che egli aveva preso ad abbeverarsi della Conoscenza divina senza alcuna mediazione, “comprendendola per ispirazione (الهام ilhâm), e per via di irraggiamento delle Luci” come dice Basîr, e che era a questo che guidava. Diceva anche: “Il Maestro che ha ottenuto la Realizzazione è la Corda di Allah sulla Sua terra: chi si attacca a lui ottiene la Realizzazione. Chi invece si attacca a chi non è realizzato ottiene separazione. Il realizzato è chi prende da Allah la Conoscenza senza mediazione. Chi ha separazione è chi percorre la via dello sforzo senza arrivare alla via della Contemplazione; egli ritorna alle creature chiamandole ad Allah, ma in realtà le chiama allo sforzo solamente, non essendo egli arrivato alla Contemplazione.” In altre parole, è la Realizzazione metafisica che va perseguita, senza fermarsi ad alcuna tappa secondaria, si trattasse anche delle tappe dell’‘opporsi all’anima’ o del ‘purificare il cuore’: “Non occupatevi dell’anima,” dice ancora Al-Giazûlî portando ad estreme ma perfettamente logiche conseguenze il suo discorso, “e neppure del cuore, ma occupatevi di venerare Allah, Colui che conosce i Misteri. Nella vostra adorazione, non abbiate come obiettivo l’opporvi all’anima, né il purificare il cuore: se vi occupate di tali cose ecco che ciò vi proponete diviene lo scopo della vostra adorazione. Nel Corano Allah dice infatti: «Non ho creato i ginn e gli uomini se non perché Mi adorino» (LI, 56). Viceversa, tutti coloro che concentrano ogni loro attenzione nell’opporsi all’anima e nel purificare il cuore non sono adoratori di Allah.” Quanto al suo metodo, esso era basato sull’utilizzo rituale della ‘Preghiera sul Profeta’, e in particolare sulla recitazione dei Dalâ’ilu l-khayrât (caratteristica questa che sarà propria anche delle successive diramazioni della Tarîqa che da lui prenderà il nome di Giazûliyya) anche se certamente non mancavano altre forme di incantazione (ذكر dhikr); a riguardo non è stato tramandato nulla di specifico, ad eccezione di alcune osservazioni riguardanti la formula fondamentale لا اله الا الله lâ ilâha illâ Allah (‘Non v’è divinità all’infuori di Allah’), osservazioni che fanno presumere un utilizzo operativo di questo dhikr, come quando Al-Giazûlî afferma che ripetendone l’ultima parte (e cioè le Parole illâ Allah) “si sale alla vicinanza al Signore.” Facevano certamente parte delle letture rituali che doveva compiere chi entrava nella Via due preghiere scritte da Al-Giazûlî: la ‘Litania del Trionfo’ (Hizbu l-falâh), o ‘Litania piccola’, e la ‘Litania maggiore’, chiamata comunemente Subhâna d-Dâ’im (‘Sia esaltato Colui che permane’). I Dalâ’ilu l-khayrât e i segreti della ‘Preghiera sul Profeta’. Si tramanda dallo Shaykh Hasan Al-‘Adawî che i Dalâ’ilu l-khayrât furono composti a Fes, e che il motivo della composizione del libro fu il seguente: un giorno, venuto il tempo della preghiera e volendo lo Shaykh Al-Giazûlî fare l’abluzione minore in vista di essa, ecco che non riusciva a trovare nulla con cui poter estrarre l’acqua dal pozzo. Era in quel frangente, quando una fanciulla (صبية sabiyya), che stava in un luogo elevato, lo vide e gli chiese: “Chi sei?” Lui le spiegò chi era, e lei disse: “Tu sei quel tale uomo che viene elogiato per il bene, e rimani perplesso su come fare a tirar fuori l’acqua dal pozzo?” Quindi sputò nel pozzo, e l’acqua ne scaturì sino a scorrere sul terreno. Dopo che ebbe terminato di fare l’abluzione minore, lo Shaykh disse: “Ti scongiuro: dimmi, come hai raggiunto questo grado?” Lei rispose: “Con le frequenti preghiere su colui che quando camminava in terre desolate, gli animali selvatici si aggrappavano ai lembi dei suoi abiti: su di lui la Preghiera e la Pace divine!” Al-Giazûlî allora giurò che avrebbe scritto un libro sulla Preghiera sul Profeta (الصلاة على النبي as-salât ‘alâ n-nabiyy). Ci si sbaglierebbe di grosso se si volesse attribuire a questo racconto un carattere puramente fantastico o leggendario: si tratta viceversa di una narrazione agiografica molto precisa dal punto di vista simbolico, e come spesso accade sono proprio gli elementi straordinari che la caratterizzano a costituirne il nocciolo significante. In tale narrazione si mostra l’‘ispirazione principiale’ che sta all’origine dei Dalâ’il (e che tra l’altro ne spiega più di ogni altra cosa il successo e la diffusione): la comunicazione proveniente da una fanciulla (che ci viene presentata come posta in un luogo ‘sovrastante’) rappresenta infatti universalmente una ben reale teofania, e il fatto che essa sputi nell’acqua del pozzo provocandone il traboccamento indica la trasmissione di una particolare influenza spirituale (بركة baraka). L’interesse di Al-Giazûlî per l’evento merita anche attenzione, in quanto solitamente nell’Islam non si dedica soverchia importanza agli accadimenti straordinari o anche miracolosi (segni di Dio, certamente, ma, nel loro essere fenomeni esteriori, non considerati importanti come l’acquisizione della Conoscenza), a meno che non contengano in sé particolari insegnamenti: egli in realtà si premura di chiedere alla fanciulla quale siano il motivo e il supporto della baraka che viene trasmessa in modo tale da far sgorgare l’acqua (simbolo di Vita e di Conoscenza). La risposta della ragazza è che il miracolo avviene grazie alla ‘Preghiera sul Profeta’: così, i Dalâ’ilu l-khayrât (che diventeranno la più importante delle raccolte di salât ‘alâ n-nabiyy in tutto il mondo islamico) vengono ispirati e redatti con il fine di fungere coscientemente da supporto del rito della Preghiera sul Profeta, di modo che, concentrandosi su di essa, si possa recepire a pieno la baraka del tutto particolare di questo rito così essenziale all’Islam. Si noti anche il periodo ‘storico’ in cui si situa l’ispirazione dei Dalâ’il: siamo in un momento in cui in Occidente sta per giungere a compimento il processo di desacralizzazione e di distacco dall’Asse tradizionale che aveva avuto come chiave di volta la distruzione dell’Ordine templare, un processo che porterà di lì a poco all’età moderna e al propagarsi della relativa mentalità. Inizia in questo periodo la penetrazione coloniale degli stati europei (e già s’è vista la drastica opposizione di Al-Giazûlî all’invasione portoghese di alcune parti del Magrib), una penetrazione che assumerà sempre più le caratteristiche di un’aggressione anti-tradizionale. In tale quadro, la diffusione dei Dalâ’il e in generale di un’attività rituale basata sulla salât ‘alâ n-nabiyy pare avere un significato ‘ciclico’ molto importante, e questo in quanto nel rinnovamento del rapporto con il Profeta (su di lui la Preghiera e la Pace divine) attualizzato dalla ‘Preghiera’ su di lui vi sono molti segreti, e tra questi paiono estremamente rilevanti per identificare l’importanza ‘ciclica’ dei Dalâ’ilu l-khayrât da una parte la messa in atto di un’azione protettiva, nell’ambito sottile, estremamente importante per quanto riguarda l’intera comunità islamica, e dall’altra una riconferma da parte dei Musulmani di quel legame con l’Asse tradizionale (e potremmo dire con il Centro del mondo) che il mondo occidentale stava allora irrimediabilmente perdendo, laddove l’Asse della Tradizione immutabile viene rappresentato dal Profeta stesso, Uomo perfetto. Esistono innumerevoli varianti dei Dalâ’il. A prescindere da errori di trascrizione e da aggiunte postume, molte varianti già esistevano quando era in vita Al-Giazûlî, e questo con ogni probabilità per la continua opera di revisione del testo che egli portò avanti sino alla morte. In genere si segue, a sicuro discrimine per la maggior parte dei problemi che sorgono nello stabilire con sicurezza il testo, il manoscritto vergato di pugno da Muhammad As-Sugayr As-Sahlî, discepolo di Al-Giazûlî, e ciò anche a motivo del fatto che quest’ultimo confermò la copia di As-Sahlî otto anni prima di morire, e precisamente la mattina di Venerdì 6 del mese di Rabî’ al-Awwal dell’anno 862 dall’Egira (corrispondente 22 Gennaio 1458). Seguendo il commento di Al-Fâsî, anche noi ci baseremo sulla copia detta ‘Sahliyya’, segnalando in nota le varianti più importanti. Come ricorda lo stesso Al-Giazûlî nella sua ‘Introduzione’, il titolo completo del testo è كتاب دلائل الخيرات و شوارق الانوار في ذكر الصلاة على النبي المختار Kitâbu dalâ’ili l-khayrât wa shawâriqi l-anwâr fî dhikri s-salâti ‘alâ n-nabiyyi l-mukhtar, e cioè “Libro delle indicazioni dei Benefici e degli irraggiamenti delle Luci, nella menzione rituale della Preghiera sul Profeta Prescelto.” Vediamo di spiegare alcuni dei significati di tale intitolazione. Come s’è detto, il testo originario dei Dalâ’il quale risulta dalla copia ‘sahliyya’ è composto, dopo la ‘introduzione’ dell’autore, di due Sezioni: la prima avente a tema l’eccellenza della Preghiera sul Profeta, e contenente una scelta di hadith, l’elenco dei nomi dell’Inviato di Dio (su di lui la Preghiera e la Pace divine) e la descrizione della Rawda, il luogo cioè all’interno della moschea di Medina nel quale il Profeta è seppellito; la seconda riguarda la modalità con cui effettuare la salât ‘alâ n-nabiyy, ed è suddivisa principalmente in otto ‘litanie’ giornaliere (cominciando dal Lunedì e terminando di nuovo di Lunedì), ma anche in ‘quarti’ e in ‘terzi’. Sebbene non esistano delle prescrizioni strettamente vincolanti sul modo in cui leggere il testo, pure è chiaro che si tratta di un libro destinato ad una lettura (o recitazione) ritualizzata: in altre parole, il suo valore non sta nelle ‘opinioni’ che in esso sono redatte, ma nella formule sacre che riporta, e la cui ripetizione rappresenta un sostegno per il lavoro spirituale del credente che vuole ben comprendere il rito della ‘Preghiera sul Profeta’, e ben assorbire l’influenza spirituale (baraka) che essa veicola. Per questo motivo proponiamo una doppia edizione dei Dalâ’il: da una parte abbiamo il presente volume, compiutamente annotato, così che il lettore di lingua italiana possa aver accesso non solo alla traduzione, ma anche ai commentari che alludono ai significati delle preghiere riportate da Al-Giazûlî. Accanto a questo, abbiamo inoltre pubblicato un testo di semplice lettura rituale, più maneggevole per chi volesse dedicarsi alla sola lettura recitata. Ma come si procede nella lettura dei Dalâ’ilu l-khayrât? S’è detto delle due ‘Sezioni’ di cui sono composti: come osserva giustamente An-Nabahânî, lo ‘scopo’ del libro è rappresentato dalla seconda Sezione, quella che introduce operativamente nel ‘modo in cui effettuare la Preghiera sul Profeta’, secondo l’insegnamento del Profeta stesso (su di lui la Preghiera e la Pace divine) e dei santi. La ‘recitazione’ riguarderà dunque questa seconda Sezione con le sue ‘litanie’, mentre “ciò che la precede lo si leggerà in qualche caso”, così che “con la conoscenza dei vari aspetti dell’eccellenza della Preghiera sul Profeta”, quali sono ricordati negli hadith profetici, “e dei nomi dell’Inviato di Dio (su di lui la Preghiera e la Pace divine), accresca in chi recita i Dalâ’il il desiderio e l’amore.” Non manca però chi ritiene che l’elenco dei nomi profetici sia comunque da recitare all’inizio della lettura rituale del testo di Al-Giazûlî. E dunque, fatto salvo che si può anche procedere leggendo quello che si riesce, l’indicazione tradizionale prevalente pare essere la seguente: si inizia la notte di Lunedì (e cioè la notte tra Domenica e Lunedì, dato che nella datazione islamica il giorno inizia al tramonto) con la recitazione dei nomi del Profeta, dopo di che ogni giorno si recita la litania ad esso dedicata, sino a concludere con l’ottava litania, il Lunedì seguente . Chi voglia poi approfondirsi ulteriormente nella lettura, dovrà passare dalla suddivisione per ‘litanie’ a quella per ‘quarti’, e infine a quella per ‘terzi’, leggendo un terzo dei Dalâ’il ogni giorno, ciò che secondo Basîr è il ‘modo più perfetto’ di leggere il nostro testo. Gli Shaykh della Tarîqa di Al-Giazûlî fanno in questo modo: iniziano di Sabato leggendone un terzo, quindi ne leggono un terzo di Domenica e ne concludono la lettura di Lunedì; poi ricominciano leggendo un terzo di Martedì e un terzo di Mercoledì, per finire i Dalâ’il di Giovedì; infine di Venerdì effettuano una lettura completa. Sempre Basîr ricorda che attualmente nella Tariqa Giazûliyya a Marrakesh, come anche a Medina e in Egitto, i Dalâ’il vengono salmodiati ad alta voce e in gruppo, nel modo seguente: un gruppo recita una salât ‘alâ n-nabiyy, poi un altro gruppo recita la seguente ‘Preghiera sul Profeta’, e così via sino a concludere il testo. A Marrakesh tale recitazione collettiva ha luogo accanto alla tomba dello Shaykh, e inizia di Giovedì dopo la preghiera del pomeriggio avanzato (عصر ‘asr), per essere conclusa durante la notte, nel tempo dell’‘ishâ. Dice Al-‘Abbâs ben Ibrâhîm: “Ciò che di più meraviglioso si trae dall’audizione di una tale recitazione è che il Segreto diviene maggiormente atto ad essere recepito come realtà sottile, così da dare energia ai cuori di quanti sono in cammino sulla Via iniziatica (المريدون السالكون al-murîdûn as-sâlikûn), dando al contempo sollievo al loro aspetto superiore. Anche l’anima prende però la sua parte dalle dolci armonie della recitazione salmodiata, e quando in virtù di queste melodie superiori e di questi ritmi meravigliosi recepisce le traboccanti intuizioni che procedono dai punti di abbeverata profetici muhammadiani, ecco che sono le vene stesse a divenirne imbevute, e ogni membro del corpo ha la sua parte di tale perfetto sostegno spirituale (مدد madad) muhammadiano.” Le aggiunte ‘tradizionali’ al testo. In tutte le edizioni a stampa dei Dalâ’il (ma non nei manoscritti) sono presenti delle rilevanti aggiunte all’impianto originale del testo di Al-Giazûlî; tali aggiunte sono da considerare ‘tradizionali’ in quanto non solo non costituiscono un’alterazione del testo, ma hanno viceversa il fine di arricchirlo, nel senso preciso di rendere più robusto il supporto al lavoro spirituale del credente costituito dai Dalâ’ilu l-khayrât, in relazione ad una diffusione libraria che li fa giungere ad una varietà di ambienti tradizionali e di singoli ognuno dei quali avente proprie necessità rituali. Il numero di queste ‘aggiunte’ varia molto a seconda della edizioni, ma questo principalmente per quanto riguarda i testi (di tipi a volte anche molto differenziati) inseriti al termine del libro di Al-Giazûlî, mentre all’inizio viene sempre premessa un’introduzione contenente l’elenco ‘canonico’ dei 99 Nomi di Allah. Si può arguire che la ragione principale della presenza della lista dei Nomi divini è che essa viene a completare la presentazione al corpus di ‘Preghiere sul Profeta’ suddiviso per litanie giornaliere proposto dai Dalâ’il. Con l’aggiunta dei Nomi di Allah infatti trova rituale spiegazione ogni parte della preghiera sul Profeta: infatti se quest’ultima si può ridurre alla formula base ‘Allah prega (e rivolge il saluto da Pace) su Muhammad’, ecco che prima si presenta ‘chi è Allah’ (ciò che non può esprimersi se non con l’elenco dei Suoi Nomi), poi si dà conto del ‘perché siano d’obbligo sul Profeta la Preghiera e la Pace’ (e qui abbiamo la parte riguardante i dati tradizionali fondamentali sulla salât ‘alâ n-nabî), e infine si dovrà rispondere alla domanda ‘chi è Muhammad’ (ciò che giustifica la presenza dell’elenco dei suoi ‘nomi’). Detto questo, è anche vero che la recitazione dei Nomi divini può anche rappresentare un atto rituale autonomo e separato dai Dalâ’il (un atto rituale che nelle organizzazioni iniziatiche islamiche si considera solitamente da praticare con il permesso di un Maestro). Quanto a ciò che viene aggiunto ‘in coda’ ai Dalâ’ilu l-khayrât, come si diceva c’è una certa variabilità tra le diverse edizioni, di modo che in realtà ognuna di esse costituisce un po’ come un unicum, ben differenziato rispetto alle altre, anche se il materiale tradizionale che viene presentato è comunque in relazione alla figura del Profeta (su di lui la Preghiera e la Pace divine). Scegliamo di presentare da una parte la Preghiera detta dal nome del suo autore ‘Mashishiyya’ e dall’altra la Sura della Stella. La salât mashîshiyya (presente in otto delle dieci edizioni a stampa da noi consultate) costituisce in un certo senso (quanto ad antichità e se vogliamo ad essenzialità) come il prototipo delle ‘Preghiere sul Profeta’ scritte dai Maestri del Tasawwuf; si tratta di un ‘genere’ tradizionale contenente formulazioni dottrinali esoteriche della massima importanza e profondità, e destinate ad essere imparate a memoria da quanti sono impegnati nella Via iniziatica, così da fornirli di quella ‘base teorica’ che è così essenziale nella comprensione del mondo iniziatico e delle realtà realizzative. La Sura della Stella (53esima del Corano) contiene a sua volta gran parte dei riferimenti coranici relativi all’Ascensione del Profeta ai Cieli, e quindi ad Allah, riferimenti la cui importanza apparirà chiaramente nel nostro breve commento alla Sura. |