In riferimento al momento in cui, durante l’‘Emigrazione’ da Mecca a Medina, il Profeta e Abû Bakr si erano rifugiati in una caverna inseguiti dagli idolatri meccani, e questi ultimi erano giunti in quei luoghi, Al-Bukhârî tramanda nel suo Sahîh (62, II, 3654) da Abû Bakr: “Mentre ero nella caverna dissi al Profeta: ‘Se qualcuno di loro guarda sotto i propri piedi ci vede!’ Lui allora disse: ‘O Abû Bakr, cosa pensi di due persone tali che Allah è il terzo di loro?’ ”
An-Nabahânî, Yûsuf: Compagni del Profeta: la loro eccellenza nell’Islam classico Edizioni Mimesis (Milano), 2006, pagg. 224; (in distribuzione) - €13,60 - ISBN 9788884832658
Questo libro contiene la traduzione (effettuata ed annotata da Marcello Perego) di circa metà del testo dello Sheykh palestinese Yûsuf An-Nabahânî (giudice, Maestro della Legge sacra e del Tasawwuf) nato nel 1849 e morto nel 1932, intitolato in arabo Al-asâlîbu l-badî‘a fî fadli s-sahâba wa iqnâ‘i sh-shi‘a (‘Le meravigliose modalità con cui considerare l’eccellenza dei Compagni e persuadere gli Sciiti’). Di tale testo sono tradotte le due parti iniziali: la prima riguardante ‘La definizione di Compagno, il numero dei Compagni e le loro categorie’, e la seconda sulle ‘Opinioni di alcuni grandi sapienti delle scuole giuridiche’, dodici in tutto, ‘sull’eccellenza dei Compagni’.
Manca invece la terza parte, quella riguardante l’‘Argomentazione dell’eccellenza dei Compagni dell’Inviato di Allah’, nella quale si entra nel vivo delle questioni insorte alla dipartita del Profeta, nel periodo dei quattro Califfi ‘ben guidati’. L’assenza di questa terza parte è naturalmente un peccato, non solo perché il testo ne risulta incompleto, ma anche e soprattutto perché si è persa un’occasione per gettar luce in modo ‘tradizionale’ su di un periodo (quello appunto dei primi quattro Califfi) sul quale sono disponibili in italiano solo i testi degli storici e degli orientalisti, fortemente venati di pregiudizi profani, e dunque pressoché inutili dal punto di vista che ci interessa. C’è da chiedersi per qual motivo il traduttore/curatore non abbia completato la traduzione, ed abbia invece perso tempo (e…pagine) con un apparato di note spesso eccessivamente prolisso, ed inserendo ben 60 pagine contenenti le biografie dei ‘grandi sapienti delle scuole giuridiche’ citati da An-Nabahânî. Se tali biografie siano in sé non prive di interesse, non si può non notare come esse paiono a tratti piuttosto superficiali, ed anche, in qualche caso, caratterizzate da supposizioni sconcertanti, ad es. laddove si dice, a proposito della nascita della Tariqa Qadiriyya, dallo Sheykh ‘Abdu l-Qâdir Al-Gîlânî, che "non v'è una vera e propria attestazione che dia conferma della nascita della Tariqa per volontà dello stesso Gîlânî, né che su tale presupposto egli abbia effettivamente guidato qualcuno nella sua Via, e tanto meno che abbia iniziato formalmente chicchessia" (pag. 149), laddove sarebbe sufficiente guardare la famosa Qasîda gawthiyya, scritta dallo Sheykh, per rendersi conto di come egli viceversa si rivolga a più riprese a chi ne ascolta gli insegnamenti con l’espressione murîd-î (‘O mio murîd!'), ciò che indica ‘tecnicamente’ il rapporto di affiliazione iniziatica, dato che il murîd (letteralmente ‘colui che vuole’) è appunto l’‘iniziato’. Inoltre, tali biografie sono completamente fuori tema in un libro che si presume dedicato ai Compagni del Profeta, e il risultato paradossale è che usciamo dalla lettura sapendo ‘vita, morte e miracoli’ del Qâdî ‘Iyâd o di An-Nawawî, ma senza sapere granché dei singoli ‘Compagni’! In alternativa alla traduzione completa del libro, si sarebbe potuto pensare ad inserire (al posto delle biografie dei sapienti citati), gli hadith (126 in tutto) presenti nel Libro sessantaduesimo del Sahîh di Al-Bukhârî, dedicato appunto all’‘eccellenza dei Compagni del Profeta, ai quali si sarebbe potuta aggiungere una scelta di hadith tratti dal Libro seguente del Bukhârî, il sessantatreesimo, dedicato agli ‘Ausiliari’ medinesi (gli Ansâr), e dal Libro quarantaquattresimo del Sahîh di Muslim, anch’esso dedicato all’‘eccellenza dei Compagni del Profeta’; tali hadith infatti contengono tutto ciò che serve per comprendere l’aspetto superiore, o diciamo i ‘tipi spirituali’, dei ‘Compagni’. Detto questo, bisogna anche dire che questo libro pubblicato da Mimesis ha dei lati di grande interesse. Prima di tutto esso è tradotto direttamente dall’arabo, ciò che permette al traduttore di assaporare (e di far assaporare) alcuni aspetti particolarmente profondi della questione dell’‘eccellenza dei Compagni’ dell’Inviato di Allah, aspetti legati spesso appunto alla lingua araba, e che normalmente scompaiono dalle traduzioni banalizzate in inglese e in francese ad opera degli orientalisti o di Musulmani male avvertiti (o per meglio dire offuscati dal desiderio di presentare un Islam il più possibile uniforme alla mentalità attuale degli occidentali). Inoltre, le due parti del testo dello Sheykh An-Nabahânî qui tradotte presentano degli aspetti importanti, soprattutto in alcune delle citazioni dei ‘grandi sapienti delle scuole giuridiche’, nelle quali vengono riportati gli hadith profetici essenziali per inquadrare ‘tradizionalmente’ la funzione dei Compagni. A tale riguardo segnaliamo specialmente le parti tratte dalle opere del Qâdî ‘Iyâd, di ‘Abdu l-Qâdir Al-Gîlânî, di Ash-Sha‘rânî e soprattutto di As-Suhrawardî, il quale, nel commentare implicitamente il hadith in cui il Profeta dice “Quando vengono menzionati i miei Compagni, trattenetevi”, è assai profondo e convincente nell’attribuire la disapprovazione che alcuni manifestano nei confronti di certi ‘Compagni’ ad un difetto di Realizzazione che si traduce in ‘tentazione’, e fa sì che talune di queste sante figure vengano viste solamente nel loro aspetto ‘grossolano’, senza percepirne le qualità più sottili e spirituali. E l’odio per i ‘Compagni’ o per parte di loro viene attribuito a tentazione diabolica anche da Ibn ‘Arabî nel cap 55 delle Futûhât, del quale Perego ripropone qui, questa volta a giusto titolo, una vecchia traduzione, inserendola nelle ‘Appendici’. Infine, segnaliamo anche, all’interno del saggio introduttivo scritto dal traduttore/curatore, la parte intitolata ‘La storia come scienza sacra’, che inizia con queste parole di Guénon, tratte dal cap. X de Il re del mondo: “I fatti storici, e soprattutto quelli della storia sacra, traducono a loro modo verità di ordine superiore, in ragione della legge di corrispondenza che è il fondamento stesso del simbolismo, e che unisce tutti i mondi nell’armonia totale ed universale.” Perego scorge infatti, e giustamente, il carattere ‘esemplare’ dei detti e dei fatti dei Compagni, della loro vita esteriore e della loro realtà interiore, nonché del loro rapporto con l’Inviato di Allah, ciò che sta alla base, ad esempio del Patto iniziatico quale viene ancora praticato all’interno delle organizzazioni dell’Esoterismo islamico (tasawwuf), Patto che ha come prototipo il ‘Patto della suprema Soddisfazione’ stretto dal Profetacon numerosi dei suoi Compagni ad Al-Hudaybiyya, e menzionato nel Corano (versetto XLVIII, 10). In realtà il discorso si potrebbe ulteriormente approfondire, andando a chiarire come l’intera Rivelazione coranica sia basata su di un numero indefinito di episodi ‘storici’, a volte anche minuti ed apparentemente insignificanti, che hanno per protagonisti il Profeta e i suoi Compagni, episodi che il Corano letteralmente ‘immortala’, per usare l’espressione usata con felice intuizione da Perego, e cioè proietta direttamente verso la loro Fonte superiore, in un processo di sacralizzazione nel quale non v’è spazio alcuno per l’illusione profana, e che viene attualizzato dal credente nella recitazione rituale del Testo sacro.
INDICE GENERALE - Presentazione. Nota al testo Nota editoriale. L'Autore e la sua opera. La storia come «scienza sacra». Compagni del Profeta: Introduzione dell’Autore. Definizione di Compagno. Le spiegazioni di dodici sapienti. Appendici: Un testo di Ibn 'Arabi. Le biografie. Bibliografia. Versetti coranici riferiti ai Compagni del Profeta. Indice delle tradizioni profetiche. Indice dei principali termini arabi. Indice dei soggetti principali.
Il Qâdî ‘Iyâd tramanda nel suo Kitâbu sh-Shifâ’ queste parole del Profeta: “Allah! (Temete) Allah a proposito dei miei Compagni, e dopo di me non prendeteli a bersaglio! Chi li ama, è nell’amore per me che li ama, e chi li odia è nell’odio per me che li odia. Chi reca loro disturbo reca disturbo a me, e chi reca disturbo a me reca disturbo ad Allah. E chi reca disturbo ad Allah, ci manca poco che Egli non lo afferri.”
‘Abdu l-Wâhid, Hâmid: Sahâba - Compagni e Compagne del Profeta Edizioni Al-Hikma (Imperia), 2022, pagg. 220 - (in distribuzione) € 16,00
Presentiamo l’unico testo esistente in lingua italiana nel quale vengano raccolte note biografiche riguardanti un numero consistente (60 per la precisione) di ‘Compagni’ del Profeta Muhammad. Ciò che ci spinge a pubblicizzare e commercializzare questo libro è la rilevanza della tematica da esso trattata, dal momento che una comprensione approfondita dell’Islam non può che trar vantaggio dalla conoscenza delle figure di coloro, uomini e donne, che circondarono l’Inviato di Allah e risposero al suo appello.
Dal punto di vista della Religione comune si deve anzitutto ricordare il noto hadith nel quale il Profeta dice: “I miei Compagni sono come le stelle: qualsiasi di loro voi seguiate sarete guidati”, ciò da cui consegue evidentemente l’utilità di una loro conoscenza. Dal punto di vista iniziatico poi, se il Profeta è l’Uomo perfetto, Modello supremo della Realizzazione spirituale, i suoi Compagni rappresentano le diverse modalità di ricezione di un tale Modello, e la relazione tra loro e l’Inviato di Allah è l’exemplum principe della relazione che unisce il Maestro della Via ai suoi discepoli, e più in generale chi rappresenta l’Autorità spirituale e coloro che hanno le qualificazioni per recepirne la Dottrina. Dal punto di vista dello studio approfondito e sottile della ‘Storia sacra’ dei primi momenti dell’Islam infine, pare evidente l’importanza di identificare i ‘tipi’ spirituali che intervennero ad appoggiare nella sua funzione il portatore dell’ultima Rivelazione divina agli uomini, e questo sia nella fase ‘meccana’ iniziale, sia a Medina, e comunque nei vari frangenti in cui si venne ad esercitare l’opera profetica. Detto questo, e sottolineata in tal modo l’importanza di questo libro, bisogna ricordarne anche i limiti, che il lettore farà bene a tener presenti. Prima di tutto si tratta di un testo incompleto, dato che mancano le biografie di molti tra i Compagni più importanti, quelle ad es. dei ‘Califfi ben guidati’, quella di Ibn ‘Abbâs, quella di Bilâl, quella di Qatâda, quella di Anas ecc. Inoltre, nelle pur numerose ‘biografie’ presenti non v’è traccia di molti dati tradizionali anche di notevole importanza, il che, assieme alla mancanza di qualsiasi indicazione riguardante le fonti dalle quali i vari episodi raccontati sono tratti, dà l’impressione di una certa arbitrarietà nell’impostazione delle narrazioni, che paiono molto più tese a suscitare l’emozione del lettore che non a far comprendere a fondo il livello spirituale e la funzione dei diversi ‘Compagni’. Sicuramente questa tendenza è aggravata dal fatto che in origine il testo di Abdu l-Wâhid Hâmid (autore di lingua inglese di origine indiana ma nato nei Caraibi) è destinato al pubblico anglosassone, e presenta quella certa sfumatura ‘banalizzata’ e moraleggiante tipica della gran parte dei testi islamici in inglese. Qui si potrebbe aprire una interessante parentesi sull’abitudine dei Musulmani italiani di prendere l’Islam… dagli Inglesi e dagli Americani, specialmente per via di testi tratti da internet, abitudine a nostro avviso biasimevole, non solo per la innegabile superficialità di un approccio alla Conoscenza basato esclusivamente sui supporti elettronici, ma principalmente in quanto si tratta spesso di testi monchi degli aspetti più elevati della Religione; ma la nostra recensione non è il luogo adatto per affrontare nei dettagli un tale problema. Tornando a questo libro sui ‘Compagni’, facciamo un esempio concreto dei limiti intrinseci alle singole agiografie. Se prendiamo la ‘biografia’ di Gia‘far ben Abî Tâlib (fratello di ‘Alî, e dunque cugino del Profeta) e la confrontiamo con la sua ‘biografia tradizionale’ (sîra) riportata da Ad-Dhahabî nel suo Siyaru a‘lâmi n-nubâla’, o con il capitolo a lui dedicato nel Libro sessantaduesimo del Sahîh di Al-Bukhârî, notiamo sì riportate molte notizie sulla devozione di Gia‘far, sul suo coraggio, sul suo amore per i poveri, e sul profondo Amore del Profeta nei suoi confronti, come notiamo molte significative differenze (dovute al fatto che Hâmid Abdu l-Wâhid non traduce, ma riporta delle narrazioni da lui stesso ‘romanzate’), ma notiamo anche, e con un certo sconcerto, il mancato riferimento ad alcuni hadith ‘veri’ certamente assai rilevanti per caratterizzare ‘spiritualmente’ la figura di Gia‘far, come quello in cui il Profetadice, dopo il martirio del cugino nella battaglia di Mu’ta (martirio avvenuto dopo aver subito l’amputazione delle braccia): “Ho visto Gia‘far con due ali in Paradiso” (mentre in un altro hadith profetico è lo stesso Gia‘far che dice: “Allah mi ha dato al posto delle mie braccia due ali, con le quali volo assieme a Gibrîl e a Mikâ’îl nel Paradiso, mangiandone i frutti”); e Al-Bukhârî tramanda che Gia‘far veniva chiamato dai ‘Compagni’, dopo la sua morte, ‘Quello delle due ali’ (Dhû l-gianâhayn). E ancora il hadith in cui l’Inviato di Allahdice a Gia‘far: “Tu mi somigli sia nella figura esteriore (khalq), sia nella realtà interiore (khuluq).” E che dire del fatto che nel render conto del famoso incontro tra Gia‘far e il Negus abissino (durante la prima ‘emigrazione’ in Abissinia dei Musulmani meccani oppressi in patria), Hâmid Abdu l-Wâhid non riporta le diverse versioni secondo le quali i vescovi cristiani all’udire la recitazione da parte di Gia‘far dell’inizio della Sura di Maria, “prendono a piangere sino a bagnare i Testi sacri” che avevano portato con loro? Ma tant’è, e in attesa che i Musulmani italiani si sveglino e comincino a tradurre direttamente dall’arabo con retta intenzione spirituale, ci dobbiamo accontentare di questo testo, che comunque ha il pregio di renderci edotti di tantissimi aspetti non ben conosciuti della vita del Compagni, e nel quale, per essere pienamente obiettivi, la stessa tendenza ‘sentimentale’ che abbiamo più sopra stigmatizzato spesso gioca un ruolo positivo (caratteristico peraltro del genere ‘agiografico’), spingendo l’animo del lettore all’amore per queste figure sante: un amore doveroso che poi, almeno ci auguriamo, a sua volta può portare il lettore qualificato e attento ai dati tradizionali islamici a ricercare altri e più profondi significati.
INDICE GENERALE: 1. Mus'ab ibn 'Umayr 2. Fatimah bint Muhammad 3. Suhayb ar-Rumi 4. Abu-d Darda' 5. 'Abdur-Rahman ibn 'Awf 6. Sa'id ibn Zayd 7. Ubayy ibn Ka'b 8. Salim Mawla Abi Hudhayfah 9. Abu Hurayrah 10. 'Adiy ibn Hatim 11. Sa'id ibn 'Amir 12. 'Ikrimah ibn Abi Jahl 13. Khabbab ibn al-Aratt 14. At-Tufayl ibn 'Amr 15. Abu Dharr al-Ghifari 16. Umm Salamah 17. 'Abdullah ibn Umm Maktum 18. 'Umayr ibn Wahhb 19. Abu Ayyub al-Ansari 20. Salman al-Farsi 21. An-Nu'man ibn Maqarrin 22. 'Utbah ibn Ghazwan 23. Abu Musa al-Ash'ari 24. Sa'd ibn Abi Waqqas 25. An-Nu'ayman ibn 'Amr 26. Julaybib 27. Thabit ibn Qays 28. Fayruz al-Daylami 29. 'Abdullah ibn 'Umar 30. 'A'ishah bint Abi Bakr 31. Barakah 32. 'Umayr ibn Sa'd 33. Hudhayfah ibn al-Yamàn 34. Ja'far ibn Abi Tàlib 35. Abù Sufyàn ibn al-Hàrith 36. Hakim ibn Hizàm 37. Suhayl ibn 'Amr 38. Zayd ibn Thàbit 39. 'Abdullàh ibn 'Abbàs 40. Ramlah bint Abi Sufyàn 41. 'Amr ibn al-Jamùh 42. 'Abdullàh ibn Mas'ùd 43. Abù Ubaydah ibn al-Jarràh 44. Al-Barà' ibn Màlik 45. Asmà' bint Abi Bakr 46. 'Abdullàh ibn Hudhàfah 47. 'Abdullàh ibn Jahsh 48. Mu'àdh ibn Jabal 49. Thumàmah ibn Uthàl 50. Zayd al-Khayr 51. 'Abdullàh ibn Salàm 52. Muhammad ibn Maslamah 53. Nu' aym ibn Mas'ùd 54. 'Abbàd ibn Bishr 55. Habib ibn Zayd 56. Rabi'ah ibn K'ab 57. Abu-l 'As ibn ar-Rabi'ah 58. Rumaysà' bint Milhàn 59. Talhah ibn 'Ubaydullàh 60. 'Uqbah ibn 'Àmir. Glossario. Bibliografia.