Ga‘far ibn Hasan al-Barzangî: Il Mawlid o i santissimi Natali del Profeta Muhammad Campegine (RE) gennaio 2025, Edizioni ‘Orientamento/Al-Qibla’, Edizione con testo arabo, traduzione e commento pagg. 170 - € 18,20 - ISBN 9788889795187  Prefazione dell’editore Il presente testo consiste in una traduzione commentata del Mawlid di Gia‘far ibn Hasan Al-Barzangî, nato a Medina da una famiglia di discendenti del Profeta all’inizio del mese di Dhû l-Higgia dell’anno 1126 dall’Egira (corrispondente alla prima parte di Dicembre del 1714 della datazione cristiana), e morto nel mese di Sha‘bân del 1177, corrispondente al Febbraio 1764, sempre a Medina, dove fu seppellito nel cimitero detto Al-Baqî‘. L’epiteto di Al-Barzangî deriva dal fatto che ‘Îsâ ibn ‘Alî, progenitore di Gia‘far, fondò assieme al fratello Mûsâ il villaggio di Barzanj (che significa ‘terra verde’), nella regione irachena di Shahrazur (non lontano da Sulaymaniyya), come spiegheremo meglio nel nostro commento. Il Mawlid di Al-Barzangî costituisce una delle più importanti e rinomate recitazioni tradizionali che accompagnano ogni anno le celebrazioni dei Natali profetici, e che ne rappresentano per così dire l’ossatura rituale. Pare necessario anzitutto precisare che il termine Mawlid (مولد ج موالد pl. mawâlid) indica in generale la ‘Natività’ del Profeta Muhammad e il giorno della sua ricorrenza, identificato tradizionalmente nel 12 del mese lunare di Rabî‘u l-awwal. Esso si applica poi più in particolare alla Festa relativa a questa santa ricorrenza, come anche ai testi tradizionali che vengono recitati in tale occasione. Dal punto di vista della storia esteriore, per quanto se ne sa il primo Mawlid (inteso come Festa comprensiva di particolari aspetti rituali riferiti al Profeta ) fu quello organizzato dal sovrano Muzaffiru d-Dîn Abû Sa‘îd ibn Zayni d-Dîn Al-Kawkaburî (nato il 27 Muharram 549, corrispondente al 14 Aprile 1154, e morto il 14 Ramadan 630, corrispondente al 27 Giugno 1233), governante di Erbil, nell’attuale Iraq, sotto Salâhu d-Dîn Al-Ayyûbî (1137-1193, conosciuto in Occidente con il nome di Saladino), del quale sposò la sorella Rabî‘a. Si deve sottolineare come il periodo in cui visse Muzaffiru d-Dîn coincide con quello della vita di Ibn ‘Arabî (1165-1240), il ‘sommo Maestro (ash-shaykhu l-akbar)’ dell’esoterismo islamico: essendo questi il ‘Polo’ del suo tempo ed il ‘Sigillo della Santità muhammadiana’, non è certo azzardato ritenere che sia stato proprio lui ad istituire la pratica del Mawlid (o ad ispirare coloro che la istituirono). Prima di quest’epoca il Mawlid in quanto tale non è attestato. Dice Gia‘far ibn Ismâ‘îl, principale commentatore del Mawlid di Al-Barzangî, e nipote dell’autore: “Sappi che il Mawlid è un’‘innovazione’ (bid‘a), dal momento che esso non si riporta da nessuno dei pii Predecessori delle prime tre nobilissime Generazioni dell’Islam, generazioni la cui eccellenza fu attestata dal Profeta . Si tratta però di una ‘innovazione bellissima’ (bid‘a hasana): nel Mawlid infatti si esprimono bontà per i poveri, recitazione del Corano e Ricordo di Allah (dhikr), oltre a molte ‘Preghiere sul Profeta’ e manifestazioni di letizia e felicità per lui. Per questo motivo, da quando tale rito apparve dopo le citate tre Generazioni, le genti dell’Islam in ogni luogo non cessarono di celebrare il mese della sua nascita, ed in particolare la notte in cui nacque, mettendo in atto il Mawlid, con dei festeggiamenti comprendenti abbondanti offerte di cibo, atti di bontà e di pietà ed elargizioni: durante tali celebrazioni, molto si recita il Corano e molto si pratica il Dhikr, e soprattutto si legge il testo del Mawlid, con i dati tradizionali confermati che vi sono riportati, e con la menzione delle Grazie e dei Miracoli profetici. Tale lettura non è una condizione imprescindibile per realizzare il carattere raccomandato del Mawlid, ma ha il fine di accrescerne i compensi spirituali. Dice l’Imam Ibnu l-Giawzî: ‘È confermato dall’esperienza che mettere in atto il Mawlid è salvaguardia per chi se ne incarica, per tutto l’anno.’ Il primo ad effettuare il Mawlid fu il sovrano di Erbil Al-Muzaffir, che preparava per tale occasione una gran festa. Dice sempre Ibnu l-Giawzî nel suo Mir’âtu z-Zamân: ‘Mi è stato raccontato da uno che aveva partecipato al pasto offerto da Al-Muzaffir in un Mawlid, che egli vi contò cinquemila teste di pecora arrostite, diecimila polli, (…) centomila scodelle [piene] e trentamila piatti di dolci. Partecipavano al Mawlid da lui organizzato esponenti dei Sapienti e delle organizzazioni iniziatiche, ai quali egli donava dei vestiti e faceva altri regali. Per il Mawlid spendeva qualcosa come 300 mila monete d’oro.’ Al-‘Asqalânî menziona come prova testuale del fatto che si tratta di una bid‘a bellissima”, perché conforme nella sua essenza alle indicazioni profetiche, “quanto è riportato nei due Sahîh, sul fatto che il Profeta quando giunse a Medina trovò che gli Ebrei digiunavano il giorno di ‘Ashûrâ. Ne chiese loro il motivo ed essi dissero: ‘Questo è il giorno in cui Allah annegò il Faraone e salvò Mûsâ, di modo che digiuniamo per ringraziare Allah l’Altissimo.’ Lui allora disse: ‘Io ho più diritto a Mûsâ di voi’, e digiunò ordinando di digiunare in tale giorno. Dice dunque Al-‘Asqalânî: ‘Da questo si deduce l’eccellenza del ringraziare Allah l’Altissimo con vari tipi di adorazione per quello di cui Egli ci fa Grazia in un giorno particolare, perché in esso ci concede qualche Favore o respinge da noi qualche danno, e del ripetere la cosa ogni anno nel giorno corrispondente. Ora, quale Grazia è più grande del venire in essere di questo Profeta, il Profeta della Misericordia , nel giorno del Mawlid?’ E dice qualcosa di simile anche Ibn Ragiab. As-Suyûtî dal canto suo porta come prova quanto si tramanda da Anas, sull’autorità di Al-Bayhaqî, di come il Profeta fece per se stesso il rito della ‘aqîqa”, che consiste in un sacrificio animale accompagnato dalla relativa distribuzione delle carni a parenti e bisognosi, in occasione di una nascita, “dopo l’inizio della missione profetica, e questo nonostante il fatto che suo nonno ‘Abdu l-Muttalib avesse effettuato la ‘aqîqa per lui il settimo giorno dopo che era nato, e che di solito la ‘aqîqa non si ripete una seconda volta, ciò da cui si deduce che egli lo fece per ringraziare Allah di averlo manifestato come Misericordia per i mondi, oltre che per istituire la Norma sacra” relativa alla possibilità di fare la ‘aqîqa per sé, “e questo similmente a come il Profeta usasse pregare su se stesso. Ecco che anche a noi è raccomandato manifestare all’Altissimo la nostra riconoscenza per la sua nascita riunendoci, dando da mangiare ai poveri, mettendo in atto varie opere rituali con le quali si cerca di avvicinarsi a Dio, ed esprimendo gioia in diversi modi (…). Si tramanda poi che Abû Lahab,” acerrimo nemico dell’Islam, “fu visto in sogno da uno dei suoi familiari, forse da Al-‘Abbâs, un anno dopo la sua morte, e gli fu chiesto: ‘Qual è il tuo stato?’ ‘Sono nel Fuoco,’ rispose, ‘ma la cosa mi viene alleggerita ogni Lunedì, di modo che posso succhiare dell’acqua tra queste due dita. E questo perché affrancai Thuwayba per il fatto che mi aveva dato la buona novella della nascita del Profeta , e perché lo aveva allattato.’ Ibnu l-Giawzî dice: ‘Questo avviene per il miscredente Abû Lahab, per censurare il quale è discesa una Sura del Corano,’ ” la 111esima, “ ‘tale che non v’è censura superiore alla sua: ed ecco che viene ricompensato, seppure nel Fuoco, per la felicità provata la notte della Nascita del Profeta ! Cosa si dovrà dire allora del musulmano che realizza la dottrina dell’Unità, e che inoltre esprime gioia per i suoi Natali, e sacrifica quel che può nell’Amore per lui? La ricompensa che gli spetta da parte del Signore generoso è che Egli per Sua Grazia universale lo faccia entrare nei Giardini di Beatitudine!’ Si deve poi considerare che la gioia per il Profeta è ordinata da Allah l’Altissimo nel Corano quando dice «Dì: ‘Del Favore di Allah e della Sua Misericordia, di questo essi gioiscano’» (X, 58). Ecco che ci ordina di esser felici per la Misericordia: e il Profeta è la Misericordia più immensa, dal momento che Allah dice «E non ti abbiamo inviato se non come Misericordia per i mondi» (XXI, 107).” Un’altra ‘prova testuale’ della conformità tradizionale del Mawlid è rappresentata, secondo Muhammad ‘Alawî (autore di una delle raccolte di Mawlid che si trovano in commercio) dal fatto stesso che il Profeta usasse ‘festeggiare’ col digiuno il giorno di Lunedì, perché era il giorno in cui era nato: “La forma di tale festeggiamento”, egli osserva, “può variare: digiuno, dar da mangiare ai poveri, riunirsi per il Ricordo di Allah e per la preghiera sul Profeta , o ancora per ascoltare le narrazioni delle sue nobilissime gesta e qualità.” Tra l’altro, il fatto di festeggiare in occasione della nascita di un Profeta è confermato anche dal fatto che il Venerdì è massimamente onorato ed è considerato un giorno di festa anche perché in esso nacque Adamo. Anche il luogo in cui nasce un Profeta può essere onorato, in quanto durante il Viaggio notturno, per ordine di Gibrîl Muhammad fece due rak‘a a Betlemme, in ragione di come lì fosse nato Gesù. In questa nostra introduzione non possiamo non menzionare il biasimo di cui il Mawlid è fatto oggetto, soprattutto in tempi recenti. Già si è risposto implicitamente ad una delle critiche avanzate dai biasimatori del Mawlid, quella relativa al suo presunto carattere di ‘innovazione’ incompatibile con le basi dell’Islam e non presente nell’esempio ‘paradigmatico’ delle prime generazioni dell’Islam. Altrettanto agevole per la Verità anche rispondere ad un’altra obiezione: quella relativa a come il Mawlid sia inteso e vissuto come una Festa, ciò che non sarebbe legittimo sia per il carattere intrinsecamente pericoloso (sempre secondo tali biasimatori) di qualsiasi genere di festeggiamento, sia perché comunque nell’Islam le Feste ammissibili sarebbero solo ed esclusivamente in numero di due. Si tratta di obiezioni come si intuisce piuttosto deboli, perché, quanto a quest’ultimo punto, è chiaro che la fissazione da parte dell’Inviato di Allah delle due Feste principali dell’Islam (quella della Rottura del digiuno e quella dei Sacrifici) non può esser certo un motivo per impedire l’espressione della gioia per motivi santi in altre occasioni da parte dei credenti (ed anche di tutta la popolazione islamica), e quanto alla prima contestazione perché si desume in maniera chiara ed evidente dagli hadith profetici che nelle Feste sacre non solo è permesso, ma è anche prescritto (mashrû‘) manifestare la propria felicità: e quale felicità più grande di quella che ci occorre nel ricordare i Natali del Profeta ? A dirla tutta, secondo noi tali obiezioni sono in realtà pretestuose, perché la verità è che oggigiorno il Mawlid è in odio soprattutto a coloro i quali, pur continuando a praticare gli elementi fondamentali della Religione, sono permeati dalla mentalità moderna: questa infatti, in buona sostanza, è imperniata sull’opposizione radicale all’idea di un uomo che pur essendo ‘come noi’, trasumani e passi oltre i limiti dell’individualità, divenendo, per parafrasare Dante, ‘umile e alto più che creatura’, e ‘termine fisso d’eterno Consiglio’, pur nella realizzazione della perfetta ‘condizione di servo’ di Allah. E ciò viene attestato a gran voce dalle recitazioni del Mawlid: l’esempio di un tale Uomo è proprio il Profeta , e nostro compito è imitarlo ed avvicinarci a lui. Questo ci porta ad un punto fondamentale della nostra introduzione, quello riguardante la centralità della recitazione di un certo tipo particolare di testi durante la celebrazione del Mawlid. Benché la cosa non sia in nessun modo obbligatoria, come abbiamo riportato poc’anzi da Gia‘far ibn Ismâ‘îl, pure in diversi ambiti tradizionali, come ad esempio all’interno di numerose organizzazioni iniziatiche, pare indispensabile in questa occasione dedicarsi alla recitazione ed all’ascolto di tali testi (chiamati anch’essi Mawlid, come s’è detto) in modo da intuire il significato profondo della nascita terrestre del Profeta , vista come Grazia suprema per l’umanità: i Mawlid infatti, lungi dall’essere esclusivamente opere letterarie, hanno un uso eminentemente operativo, perché devono servire da supporto per la concentrazione contemplativa sulla figura dell’Inviato di Allah inteso come Uomo universale, e come il più eccellente tra gli uomini, in quanto Benamato (Habîb) di Allah. Si tratta dunque di ‘basi testuali’ che da una parte inquadrano dottrinalmente la trascendenza del Profeta e la sua Funzione di ultimo Inviato di Allah agli uomini tutti e ‘bellissimo Esempio’ per essi, e dall’altra trasmettono molte parti della Sîra nabawiyya contenenti narrazioni (in qualche caso non accette alla considerazione occhiuta di alcuni dotti dell’esteriore) indispensabili per una comprensione esatta della Realtà muhammadiana, narrazioni che, tra le tante altre cose, illuminano un aspetto sovente non considerato, quello relativo alle virtù degli Antenati del Profeta . Si mostra così che nel caso della Tradizione degli Arabi la sua ‘cancellazione’ operata dalla divina Sapienza non implica affatto un misconoscimento da parte dell’Islam della sua origine divina (dal momento che la sua forma ‘idolatrica’ non ne era che una degenerazione). Questo a riprova dello ‘Spirito universale’ dell’Islam, che concepisce come …Islam tutte le Forme tradizionali precedenti l’Islam storico. L’Inviato di Allah viene posto in tal modo in continuità con i suoi Antenati, che erano capi dei Quraysh, la ‘casta sacerdotale’ araba. Sarebbe un errore credere che con questo si voglia compiere un’esaltazione degli Arabi a scapito degli altri popoli; piuttosto, si tratta di vedere la Nascita corporea dell’Uomo universale (che è evidentemente l’oggetto del Mawlid) nelle sue reali ‘circostanze’ e ‘premesse’, e di segnalare il carattere provvidenziale di queste, in un procedimento contrario a quello della ‘critica storica’, e tendente non a ridurre il sacro al contingente, ma viceversa a far comprendere il senso superiore e divino degli eventi. I testi tradizionali che servono da supporto per il Mawlid (e solitamente intitolati anch’essi Mawlid, come abbiamo detto) sono innumerevoli (nell’introduzione al testo di Al-‘Irâqî dal titolo Al-Mawridu l-hanî se ne contano 142). Abbiamo potuto dare una scorsa solamente ad alcuni di essi, ed in particolare, oltre a 1) quello di Al-Barzangî, del quale presentiamo la versione in prosa (ne esiste infatti anche una solamente in poesia), ricordiamo i seguenti: 2) quello di ‘Abdu r-Rahmân Ibn Al-Giawzî (morto nel 597 dell’Egira, e cioè nel 1201 dopo Cristo), detto Mawlidu l-‘Arûs; 3) quello di ‘Abdu r-Rahîm Al-Bura‘î (morto nell’802 dell’Egira, e cioè nel 1400 d. C.); 4) il Mawlid detto Mawridu s-sâdî fî mawlidi l-hâdî, del siriano Ibn Nâsiri d-Dîn Ad-Dimashqî (morto nell’842 dell’Egira, e cioè nel 1438); 5) quello di Ibn Hagiar Al-Haytamî (morto nell’852 dell’Egira, e cioè nel 1449 d. C.); 6) il Mawlid di ‘Abdu r-Rahmân Ad-Dayba‘ (o Ad-Dayba‘î, morto nel 944 dell’Egira, e cioè nel 1537, yemenita); 7) quello di Muhammad ‘Abdu r-Ra’ûf Al-Munâwî (morto nel 1021 dell’Egira, e cioè nel 1622 d. C.); 8) il Mawlid di ‘Abdu r-Rahmân Al-Khayyât, morto nel 1200 dell’Egira, e cioè nel 1786, egiziano; 9) il Mawlid di Muhammad Al-‘Azab (egiziano, morto a Medina il giorno di ‘Arafa del 1293 dell’Egira, e cioè il 27 Dicembre 1876); 10) il Mawlid intitolato Bashâ’iru l-akhyâr fî mawlidi l-mukhtâr, dell’egiziano Muhammad Mâdî Abû l-‘Azâ’im (morto nel 1356 dell’Egira, e cioè nel 1937); 11) il Mawlid detto Sharafu l-anâm (del quale non siamo riusciti ad identificare l’autore); 12) il cosiddetto Mawlid Al-Mukhtâr, scritto da ‘Abdu-llahi ‘Afîfî per il Ministero degli Awqâf dell’Egitto. Alcuni di questi Mawlid sono totalmente, o in misura consistente, in poesia, in modo da accentuare l’aspetto incantatorio della recitazione, cosa che però si perde nella traduzione italiana. Tra i restanti, abbiamo scelto di dedicarci alla traduzione ed al commento del testo di Al-Barzangî (che comunque pare essere il più noto e il più completo) soprattutto perché abbiamo avuto occasione di metterne in atto tradizionalmente per anni la recitazione: è stato questo che ci ha spinto a ricercarne i commentari ed a studiarlo a fondo, e il commento che ne è risultato partiva dalla nostra stessa esigenza di capire a fondo questo testo, che noi stessi utilizzavamo come supporto rituale. La recitazione del Mawlid è un supporto di baraka (‘benedizione’, ‘influenza spirituale’), utilizzato anche al di là della ricorrenza del 12 del mese di Rabî‘u l-awwal, in ogni occasione benedetta in cui ci si voglia avvicinare ad Allah, come nei matrimoni, quando nasce un bambino, al ritorno dal Pellegrinaggio ecc. Al-Haytamî parla dell’uso di recitare il Mawlid sul sale, sul cibo, sull’acqua o sul denaro, a scopo appunto di fare di questi beni un veicolo di ‘influenza spirituale’. Del tutto particolare è la protezione legata al Mawlid (la ‘salvaguardia’ di cui parla Ibnu l-Giawzî): v’è chi ha osservato ad esempio che durante la guerra di Bosnia, combattuta nella prima metà degli anni ’90, a salvarsi dalla ‘pulizia etnica’ operata dai loro avversari furono i Musulmani che abitavano nelle città e nei villaggi in cui veniva effettuata la recitazione del Mawlid. Dal punto di vista iniziatico poi, il Mawlid, con la rievocazione della nascita del Profeta , della sua trascendenza e delle sue qualità, viene in aiuto di colui che ha intrapreso il Cammino, un Cammino che può essere inteso come un progressivo avvicinamento all’‘Uomo universale’ muhammadiano, o diciamo ad un ‘nascere’ della sua Nascita. Al-Qushayrî dice nel suo commentario coranico intitolato Latâ’ifu l-ishârât (e precisamente nel commento al versetto VII, 57): |