L'essenza e il fine dell'iniziazione sono, in effetti, sempre e dappertutto gli stessi; solo le modalità differiscono, per adattamento ai tempi e ai luoghi; e aggiungeremo subito, perché nessuno possa far errore, che anche questo adattamento, per essere legittimo, non deve mai essere una "innovazione", vale a dire il prodotto di una fantasia individuale qualsiasi, ma come quello delle forme tradizionali in generale, deve in definitiva sempre procedere da un'origine "non-umana", senza la quale non potrebbe esserci realmente né tradizione né iniziazione, ma soltanto qualcuna di quelle "parodie" che così frequentemente incontriamo nel mondo moderno, le quali non vengono da nulla e non portano a nulla, e che di conseguenza non rappresentano veramente, se così si può dire, se non il nulla puro e semplice, quando non siano gli strumenti incoscienti di qualcosa di ancora peggiore.
René Guénon: Considerazioni sull'iniziazione Luni Editrice, 368 pagg., (in distribuzione) - € 22,80 - ISBN 9788879844062
Abbiamo osservato in precedenza che l'iniziazione propriamente detta consiste essenzialmente nella trasmissione di una influenza spirituale, trasmissione che può soltanto effettuarsi per il tramite di una organizzazione tradizionale regolare, sicché non si può parlare di iniziazione al di fuori del collegamento ad una tale organizzazione. Abbiamo precisato che la «regolarità» doveva essere intesa come escludente tutte le organizzazioni pseudo-iniziatiche, vale a dire tutte quelle che, qualunque siano le pretese e le apparenze di cui si rivestono, non sono effettivamente depositarie di alcuna influenza spirituale, e per conseguenza non possono in realtà trasmettere nulla. È allora facile comprendere l'importanza capitale che tutte le tradizioni attribuiscono a ciò che è designato come la «catena» iniziatica (1), vale a dire ad una successione che assicuri in maniera ininterrotta la trasmissione di cui si tratta; infatti, al di fuori di questa successione, l'osservanza stessa delle forme rituali sarebbe vana, mancandovi l'elemento vitale essenziale alla loro efficacia. Ritorneremo più specialmente in seguito sulla questione dei riti iniziatici, ma fin d'ora dobbiamo rispondere ad una obbiezione che può presentarsi: questi riti, si dirà, non hanno per sé stessi una efficacia che sia loro inerente? Ne hanno infatti una, poiché se non fossero osservati, o se fossero alterati in uno qualsiasi dei loro elementi essenziali, nessun risultato effettivo potrebbe essere ottenuto; ma, se questa è in tal modo una condizione necessaria, non è tuttavia sufficiente, e bisogna inoltre, perché questi riti abbiano il loro effetto, che siano compiuti da coloro che hanno qualità per adempierli. Ciò d'altronde non è affatto particolare ai riti iniziatici, ma s'applica anche ai riti di ordine exoterico, per esempio ai riti religiosi, che hanno ugualmente la loro efficacia, ma che neanche possono essere validamente compiuti da uno qualsiasi; in questo modo, se un rito religioso richiede una ordinazione sacerdotale, colui che non ha ricevuto questa ordinazione potrà ben osservare tutte le forme ed anche apportarvi tutta l'intenzione voluta (2), non riuscirà ad ottenere alcun risultato, poiché non è il portatore dell'influenza spirituale che deve operare prendendo queste forme rituali per appoggio (3). [...]
Anche in riti di un ordine molto inferiore e non concernenti che applicazioni tradizionali secondarie, come ad esempio i riti di ordine magico, dove interviene una influenza che non ha nulla di spirituale, ma che è semplicemente psichica (intendendo con questa parola nel senso più generale ciò che appartiene al dominio degli elementi sottili dell'individualità umana e di ciò che vi corrisponde nell'ordine «macrocosmico»), la produzione di un effetto reale è condizionata in molti casi da una certa trasmissione; e la più volgare stregoneria delle campagne fornirebbe a tal riguardo numerosi esempi (4). Non vogliamo del resto insistere su quest'ultimo punto, che è al di fuori del nostro soggetto; lo indichiamo soltanto per far meglio capire come una trasmissione regolare sia a maggior ragione indispensabile per permettere di compiere validamente i riti che implicano l'azione di una influenza di ordine superiore, la quale può dirsi propriamente «non-umana», come è ugualmente il caso dei riti iniziatici e quello dei riti religiosi. Effettivamente tale è il punto essenziale, e bisogna ancora insistervi alquanto: abbiamo già detto che la costituzione di organizzazioni iniziatiche regolari non è a disposizione di semplici iniziative individuali e si può dire esattamente lo stesso in riguardo alle organizzazioni religiose, perché, nell'uno e nell'altro caso, occorre una certa presenza che non può provenire dagli individui, essendo oltre il dominio delle possibilità umane. Del resto, si possono riunire questi due casi, dicendo che si tratta di tutto l'insieme delle organizzazioni che possono essere qualificate come veramente tradizionali; in tal modo, si comprenderà, senza neanche far intervenire altre considerazioni, per quale ragione ci rifiutiamo, e l'abbiamo detto in parecchie occasioni, di applicare il nome di tradizione, come fa abusivamente il linguaggio profano, a certe cose che sono solo puramente umane; non sarà inutile rilevare che questa parola stessa di «tradizione», nel suo significato originale, non esprime che l'idea stessa di trasmissione da noi presentemente considerata, e del resto su tale questione ritorneremo in seguito. Ora, per maggior comodità, si potrebbero dividere le organizzazioni tradizionali in «exoteriche» e «esoteriche», sebbene, se si volessero intendere questi due termini nel loro significato più preciso, non s'applicherebbero forse dovunque con una eguale esattezza; ma, per quello che abbiamo attualmente in vista, basterà intendere per «exoteriche» le organizzazioni che in una certa forma di civiltà sono aperte a tutti indistintamente, e per «esoteriche» quelle riservate ad una élite (5), o, in altri termini, dove sono soltanto ammessi coloro che posseggono una particolare «qualificazione». Queste ultime sono propriamente le organizzazioni iniziatiche; in merito alle altre, esse non comprendono soltanto le organizzazioni specificamente religiose, ma anche, come si può vedere nelle civiltà orientali, alcune organizzazioni sociali che non hanno questo carattere religioso, pur essendo ugualmente collegate ad un principio di ordine superiore, il che in tutti i casi è la condizione indispensabile perché possano essere riconosciute come tradizionali. D'altronde, dato che non dobbiamo considerare qui le organizzazioni exoteriche in se stesse, ma soltanto per paragonare il loro caso a quello delle organizzazioni esoteriche o iniziatiche, possiamo limitarci alla considerazione delle organizzazioni religiose, perché sono le sole di quest'ordine che siano conosciute in Occidente, sicché quel che vi si riferisce sarà più immediatamente comprensibile. Diremo dunque: ogni religione nel senso vero della parola ha un'origine «non-umana» ed è organizzata in modo tale da conservare il deposito di un elemento ugualmente «non-umano» che le proviene da questa origine; un tale elemento, che è dell'ordine di ciò che chiamiamo influenze spirituali, esercita la sua azione effettiva mediante riti appropriati, e l'adempimento di questi riti, per essere valido, vale a dire per fornire un appoggio reale all'influenza di cui si tratta, richiede una trasmissione diretta ed ininterrotta nel seno dell'organizzazione religiosa. Se è in tal modo nell'ordine semplicemente exoterico (ed è evidente che non ci rivolgiamo ai «critici» negatori cui abbiamo fatto precedentemente allusione, che pretendono ridurre la religione ad un fatto umano, e la cui opinione non dobbiamo prendere in considerazione, come non prendiamo in considerazione tutto quanto ugualmente non proviene che da pregiudizi antitradizionali), a maggior ragione dovrà essere parimenti in un ordine più elevato, quale è l'ordine esoterico. Le parole di cui ci serviamo sono abbastanza ampie per applicarsi anche qui senza necessità di verun cambiamento, rimpiazzando soltanto la parola «religione» con quella d'«iniziazione»; tutta la differenza verterà sulla natura delle influenze spirituali che entrano in gioco (poiché vi sono ancora molte distinzioni da fare in un tale dominio, dove insomma comprendiamo tutto ciò che si riferisce a possibilità di ordine sopra-individuale), e soprattutto sulle finalità rispettive dell'azione che esse esercitano nell'un caso e nell'altro.
Se, per farci ancora meglio capire, ci riferiamo particolarmente al caso del Cristianesimo nell'ordine religioso, possiamo aggiungere questo: i riti d'iniziazione, che hanno per scopo immediato la trasmissione dell'influenza spirituale da un individuo ad un altro, il quale almeno in principio potrà in seguito trasmetterla a sua volta, sono esattamente paragonabili sotto questo rapporto a riti d'ordinazione (6); e si può anche rilevare come gli uni e gli altri siano parimenti suscettibili di comportare più gradi, la pienezza dell'influenza spirituale non essendo necessariamente comunicata di un solo colpo con tutte le prerogative che implica, specialmente in riguardo all'attitudine attuale per esercitare tali o tal'altre funzioni nell'organizzazione tradizionale (7). Ora, si sa quale importanza abbia per le Chiese cristiane la questione della «successione apostolica»; e un tal fatto si comprende senza difficoltà, poiché, se questa successione venisse ad essere interrotta, nessuna ordinazione potrebbe essere più valida, e in conseguenza la maggioranza dei riti non sarebbe più che vana formalità senza portata effettiva (8). Coloro che a buon diritto ammettono la necessità di una tale condizione nell'ordine religioso non dovrebbero aver la minima difficoltà a comprendere come essa s'imponga non meno rigidamente nell'ordine iniziatico, o, in altri termini, come una trasmissione regolare, costituente la «catena» di cui parlavamo in precedenza, sia pure strettamente indispensabile in questo ordine iniziatico. Dicevamo prima che l'iniziazione deve avere una origine «non-umana», poiché, se così non fosse, non potrebbe in alcun modo raggiungere il suo scopo finale, che supera il dominio delle possibilità individuali; ed è perciò che i veri riti iniziatici, e precedentemente l'abbiamo detto, non possono essere attribuiti ad autori umani, che di fatto per essi non sono stati mai conosciuti (9), come non si conoscono inventori per i simboli tradizionali, e la ragione è la stessa, poiché questi simboli sono ugualmente «non-umani» nella loro origine e nella loro essenza (10); e, d'altronde, vi sono fra riti e simboli legami strettissimi che esamineremo in seguito. Si può dire in verità che, in casi come questi, non vi sia origine «storica», poiché l'origine reale si situa in un mondo cui non s'applicano le condizioni di tempo e di luogo che definiscono i fatti storici come tali; e perciò queste cose sfuggono sempre inevitabilmente ai metodi profani di ricerca, i quali, in qualche modo per definizione, non possono dare risultati relativamente validi che nell'ordine puramente umano (11). In tali condizioni, è facile capire come la parte dell'individuo che conferisce l'iniziazione ad un altro sia in vero una parte di «trasmettitore», nel senso più esatto della parola; egli non agisce in quanto individuo, ma in quanto appoggio di una influenza non appartenente all'ordine individuale; è unicamente un anello della «catena» il cui punto di partenza è al di fuori e al di là dell'umanità. In tal modo, egli non può agire in nome proprio, ma in nome dell'organizzazione cui è collegato e da cui detiene i suoi poteri, o, ancora più esattamente, in nome del principio che questa organizzazione rappresenta visibilmente. Ciò spiega d'altronde come l'efficacia del rito compiuto da un individuo sia indipendente dal valore stesso di quest'individuo in quanto tale, il che è anche vero per i riti religiosi; e un tal fatto non l'intendiamo in senso «morale», poiché sarebbe evidentemente senza troppa importanza in una questione che è in realtà di ordine esclusivamente «tecnico», ma nel senso che, anche se l'individuo considerato non possiede il grado di conoscenza necessario per comprendere il senso profondo del rito e la ragione essenziale dei suoi diversi elementi, questo rito non per tal motivo avrà meno il suo pieno effetto se, essendo regolarmente investito della funzione di « trasmettitore », egli lo adempirà osservando tutte le regole prescritte, e con una intenzione che sia sufficientemente determinata dalla coscienza del suo collegamento all'organizzazione tradizionale. Donde deriva immediatamente questa conseguenza, che anche una organizzazione, ove ad un certo momento si trovassero soltanto iniziati «virtuali», secondo l'espressione da noi usata in precedenza (e ritorneremo sulla questione ancora in seguito), sarebbe tuttavia non meno capace di continuare a trasmettere realmente la influenza spirituale di cui' è la depositaria; per tale scopo è sufficiente che la « catena » non sia interrotta, e, a tal riguardo, la favola ben nota dell'« asino che porta le reliquie » è suscettibile di un significato iniziatico degno di essere meditato (12). Invece, la conoscenza anche completa di un rito, se è stata ottenuta al di fuori delle condizioni regolari, è interamente sprovvista di ogni valore effettivo; e così diremo, per prendere un esempio semplice (poiché il rito si riduce essenzialmente nella pronunzia di una parola o di una formula), che, nella tradizione indù, se il mantra non è appreso dalla bocca di un guru autorizzato, è senza alcun effetto, poiché non è «vivificato» dalla presenza dell'influenza spirituale di cui è unicamente destinato ad essere il veicolo (13).
Tal cosa si estende d'altronde, ad un grado o ad un altro, a tutto ciò cui è legata un'influenza spirituale: in tal modo, lo studio dei testi sacri di una tradizione, fatto sui libri, non può mai supplire ad una comunicazione diretta; e anche laddove gli insegnamenti tradizionali sono stati più o meno completamente messi in iscritto, continuano non meno perciò ad essere regolarmente l'oggetto di una trasmissione orale, la quale, in pari tempo che è indispensabile per dare la piena efficacia a tali insegnamenti (quando si tratta di non limitarsi ad una conoscenza semplicemente teorica), assicura la perpetuazione della « catena » cui è legata la vita stessa della tradizione. Non si avrebbe altrimenti che una tradizione morta, alla quale nessun collegamento effettivo sarebbe più possibile, e, se la conoscenza di ciò che resta di una tale tradizione può avere ancora un certo-interesse teorico (al di fuori, beninteso, del punto di vista della semplice erudizione profana, il cui valore è qui nullo, ed in quanto essa è suscettibile di aiutare la comprensione di certe verità dottrinali), non può essere di alcun beneficio diretto in vista di una qualsiasi «realizzazione» (14). È tanto vero che si tratta effettivamente della comunicazione di qualche cosa di «vitale», che in India un discepolo non può mai sedersi di fronte al guru, per evitare che l'azione del prema, legato al respiro ed alla voce, esercitandosi troppo direttamente, produca un urto molto violento, che di conseguenza potrebbe non essere senza pericolo sia psichicamente e sia fisicamente (15). Quest'azione è tanto potente infatti poiché il prana stesso, in tali casi, non è che il veicolo o l'appoggio sottile dell'influenza spirituale che si trasmette dal guru al discepolo; e il guru, nella sua funzione vera e propria, non dev'essere considerato come una individualità (questa scomparendo allora, salvo in quanto semplice appoggio), ma unicamente come il rappresentante della tradizione stessa, che egli incarna in qualche modo in rapporto al suo discepolo, il che costituisce molto esattamente la parte di «trasmettitore» di cui abbiamo parlato in precedenza. (Tratto dal cap. VIII - Della trasmissione iniziatica)
Note: 1. Questo termine «catena» traduce l'ebraico shelsheleth, l'arabo silsilah ed anche il sanscrito paramparâ, che esprime essenzialmente l'idea di una successione regolare ed ininterrotta 2. Formuliamo esplicitamente questa condizione dell'intenzione per precisare bene che i riti non potrebbero essere l'oggetto di «esperienze» nel senso profano della parola; colui che volesse adempiere un rito, di qualsiasi ordine del resto, per semplice curiosità e per 'sperimentarne l'effetto, potrebbe essere sicurissimo che quest'ultimo sarà nullo 3. Gli stessi riti che non richiedono in special modo una tale ordinazione non possono nemmeno essere compiuti da tutti indistintamente, poiché l'esplicita adesione alla forma tradizionale cui questi riti appartengono è, in tutti i casi, una condizione indispensabile per determinarne l'efficacia 4. Questa condizione della trasmissione si ritrova dunque fin nelle deviazioni della tradizione o nelle sue vestige degenerate, ed anzi dobbiamo aggiungere nella sovversione propriamente detta che si riferisce alla «contro-iniziazione». - Cfr. Le Règne de la Quantité et lei Signes des Temps, cap XXXIV e XXXVIII 5. Abbiamo preferito conservare il termine francese élite, il cui significato è del resto facile a comprendersi, considerando che il suo uso è comunissimo anche nella nostra lingua, piuttosto che cercare di tradurlo approssimativamente con un termine italiano inadeguato (N.d.T.). 6. Diciamo «sotto questo rapporto», poiché, da un altro punto di vista, la prima iniziazione, in quanto «seconda nascita», sarebbe paragonabile al rito del battesimo; è naturale che le corrispondenze che si possono considerare fra cose appartenenti ad ordini tanto differenti debbono essere per necessità abbastanza complesse e non si lasciano ridurre ad una specie di schema uni-lineare 7. Diciamo «attitudine attuale» per precisare che Si tratta di qualche cosa di più della «qualificazione» preliminare, la quale può essere designata anche come un'attitudine; potrà dunque dirsi che un individuo sia atto all'esercizio delle funzioni sacerdotali so non ha alcuno degli impedimenti capaci di impedirne l'accesso, ma non ne sarà attualmente atto che se avrà ricevuto effettivamente l'ordinazione. Notiamo anche a tal proposito che questo sacramento dell'ordinazione è il solo per cui particolari «qualificazioni» si richiedono, e in tal modo essa è inoltre paragonabile all'iniziazione, a condizione, ben s'intende, di tener sempre conto della differenza essenziale dei due dominii exoterico e esoterico 8. Infatti, le Chiese protestanti che non ammettono le funzioni sacerdotali hanno soppresso quasi tutti i riti, o non li hanno conservati che a titolo di semplici simulacri «commemorativi» e, data la costituzione propria della tradizione cristiana, essi non possono effettivamente essere nulla di diverso in caso simile. Si sa d'altra parte a quali discussioni la questione della «successione apostolica» dia luogo in riguardo alla legittimità della Chiesa anglicana; ed è curioso rilevare che gli stessi teosofisti, allorché vollero costituire la loro Chiesa «libera cattolica»," cercarono in primo luogo d'assicurarle il beneficio di una «successione apostolica» regolare 9. Certe attribuzioni a personaggi leggendari, o più esattamente simbolici, non possono affatto essere considerate come aventi un carattere «storico», ma confermano invece pienamente ciò che qui diciamo 10. Le organizzazioni esoteriche islamiche si trasmettono un segno di riconoscimento che, secondo la tradizione, fu comunicato al Profeta dallo stesso arcangelo Gabriele; non si potrebbe indicare più nettamente l'origine «non-umana» dell'iniziazione 11. Rileviamo a tal proposito che coloro i quali, con intenzioni «apologetiche», insistono a tal punto su ciò che chiamano, con parola d'altronde assai barbara, la « storicità » di una religione, da scorgervi qualche cosa di interamente essenziale ed anche da subordinarvi talvolta le considerazioni dottrinali (mentre invece i fatti storici stessi non valgono veramente che in quanto possono essere presi come simboli di realtà spirituali), commettono un grave errore a detrimento della « trascendenza » di questa religione. Un tale errore, che è d'altronde la testimonianza di una concezione abbastanza fortemente «materializzata» e dell'incapacità di elevarsi ad un ordine superiore, può essere considerato come una deprecabile concessione al punto di vista «umanista», vale a dire individualista ed antitradizionale, che propriamente caratterizza lo spirito occidentale moderno 12. A tal proposito, è anche da notarsi che le reliquie sono precisamente un veicolo d'influenze spirituali; tale è la vera ragione del culto di cui sono l'oggetto, anche se questa ragione non sia sempre cosciente nei rappresentanti delle religioni exoteriche, i quali sembrano talvolta non rendersi alcun conto del carattere molto « positivo» delle forze che maneggiano, il che del resto non impedisce a queste forze di agire effettivamente, anche all'insaputa di essi, sebbene forse con minore ampiezza di quanto, potrebbero se fossero meglio dirette «tecnicamente». 13. A proposito di questa «vivificazione», se ci si può esprimere in tal modo, segnaliamo di sfuggita che la consacrazione dei templi, delle immagini, degli oggetti rituali ha lo scopo essenziale di farne il ricettacolo effettivo delle influenze spirituali senza la cui presenza i riti ai quali debbono servire sarebbero sprovvisti d'efficacia 14. Un tal fatto completa e precisa ancora meglio quanto prima dicevamo sulla vanità di un preteso collegamento «ideale» alle forme di una tradizione scomparsa 15. Ciò spiega anche la disposizione speciale dei seggi in una Loggia massonica, il che è interamente ignorato dalla maggioranza dei Massoni attuali
INDICE GENERALE:Prefazione. I - Via iniziatica e via mistica. II - Magia e misticismo. III - Errori diversi riguardo all’iniziazione. IV - Sulle condizioni dell’iniziazione. V - Sulla regolarità iniziatica. VI - Sintesi e sincretismo. VII - Contro la commistione delle forme tradizionali. VIII - Sulla trasmissione iniziatica. IX - Tradizione e trasmissione. X - Sui centri iniziatici. XI - Organizzazioni iniziatiche e sette religiose. XII - Organizzazioni iniziatiche e società segrete. XIII - Del segreto iniziatico. XIV - Sulle qualificazioni iniziatiche. XV - Sui riti iniziatici. XVI - Il rito e il simbolo. XVII - Miti, misteri e simboli. XVIII - Simbolismo e filosofia. XIX - Riti e cerimonie. XX - A proposito di «magia cerimoniale». XXI - Sui cosiddetti «poteri» psichici. XXII - Il rifiuto dei «poteri». XXIII - Sacramenti e riti iniziatici. XXIV - La preghiera e l’incantazione. XXV - Sulle prove iniziatiche. XXVI - Sulla morte iniziatica. XXVII - Nomi profani e nomi iniziatici. XXVIII - Il simbolismo del teatro. XXIX - «Operativo» e «speculativo». XXX - Iniziazione effettiva e iniziazione virtuale. XXXI - Sull’insegnamento iniziatico. XXXII - I limiti del mentale. XXXIII - Conoscenza iniziatica e «cultura» profana. XXXIV - Mentalità scolastica e pseudo-iniziazione. XXXV - Iniziazione e «passività». XXXVI - Iniziazione e «servizio». XXXVII - Il dono delle lingue. XXXVIII - Rosa-Croce e Rosacrociani. XXXIX - Grandi misteri e piccoli misteri. XL - Iniziazione sacerdotale e iniziazione regale. XLI - Qualche considerazione sull’ermetismo. XLII - Trasmutazione e trasformazione. XLIII - Sulla nozione dell’élite. XLIV - Sulla gerarchia iniziatica. XLV - Sull’infallibilità tradizionale. XLI - Su due motti iniziatici. XLVII - «Verbum, lux et vita». XLVIII - La nascita dell’Avatâra.